Presento qui un decalogo dei pregiudizi che ancora oggi circondano la figura dello psicologo, una lista dei falsi miti più diffusi che aleggiano intorno a tale figura professionale.
Talvolta sono proprio questa false convinzioni che possono rendere difficile rivolgersi ad esso, ostacolando una scelta che potrebbe rivelarsi un vero e proprio punto di svolta per sconfiggere il proprio disagio.
Quanti di questi hai già sentito? In quanti, magari, credi anche tu?
Vediamoli insieme uno per uno e capiamo come stanno realmente le cose, iniziando qui dai primi 5 punti:
- “Lo psicologo è per i matti”
È vero che lo psicologo lavora anche con chi soffre di disturbi psichici diagnosticati, ma non solo. Gran parte del lavoro dello psicologo, infatti, è svolto anche con persone che semplicemente stanno attraversando un periodo di difficoltà, che può/possono essere di vario genere. Egli lavora, inoltre, anche con chi sta già “bene”, ma sente che potrebbe far qualcosa per stare ancora meglio e vorrebbe prendere in mano le redini della propria vita, per cambiarla in positivo, o comunque per conoscersi più a fondo.
- “Lo psicologo è per i deboli”
C’è chi invece pensa che lo psicologo sia “il dottore dei deboli”, di chi non riesce a trovare le forze per farcela da solo. Talvolta, invece, il disagio può radicarsi a fondo in una persona e non permettergli di vedere le vie di uscita, che invece possono essere rischiarate e rese accessibili con l’aiuto di un professionista esperto.
In questi casi poi, al contrario, decidere di rivolgersi allo psicologo è invece un atto di coraggio, significa infatti compiere una scelta importante per poter cambiare la propria situazione e eliminare ciò che fa soffrire, avendo il coraggio di guardarsi dentro, prendendo consapevolezza di quali sono i propri punti di debolezza ma anche (ri)scoprendo i propri punti di forza.
- “Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente”
Altra opinione è che lo psicologo sia in grado di manipolare il paziente, di fargli “il lavaggio del cervello” e di fargli compiere delle scelte che lui altrimenti non avrebbe preso. Questa idea si sovrappone in parte al mito dello psicologo-stregone, una figura magica in grado di fare dell’altra persona una marionetta nelle sue mani, schiava del suo volere.
Posto che questa capacità ancora non è posseduta da nessun essere umano, si ricorda inoltre che, se anche qualcuno ci volesse tentare, andrebbe contro al codice deontologico della professione. Lo psicologo, infatti, opera rispettando una precisa etica professionale, regolamentata da un codice deontologico che espressamente vieta di imporre i propri valori e le proprie idee, nel rispetto della persona che ha di fronte. L’approccio Cognitivo Costruttivista, in più, si fonda proprio sull’ascolto del paziente e sulla profonda comprensione dei suoi punti di vista. È il paziente stesso a scegliere la strada che vuole percorrere, in base alle sue specifiche caratteristiche e a quello specifico momento della sua vita, accompagnato dal terapeuta che funge da guida esperta nell’esplorazione e nella ricerca di possibili soluzioni. Egli, infatti, non dirà mai al paziente cosa dovrebbe o non dovrebbe fare, né tantomeno dà consigli a riguardo: ogni scelta compiuta dal paziente deve essere soltanto sua, liberamente valutata e decisa.
- “Io sono fatto così, non cambierò mai”
Alcune persone pensano che il loro modo di fare, i loro pensieri, idee, emozioni e comportamenti non siano modificabili, ma siano una sorta di corredo genetico preconfezionato che è stato donato loro alla nascita. È vero che tutti nascono con le proprie particolari inclinazioni, ma gran parte della personalità è frutto anche delle esperienze vissute e del modo in cui si osservano le cose, sul quale si può agire e modificare, arrivando così anche ad aumentare in maniera sensibile il proprio benessere. Talvolta ciò accade spontaneamente, grazie a determinate situazioni, all’incontro di persone speciali che fungono da motore di un possibile cambiamento. Altre volte, invece, può essere uno specialista qualificato che aiuta ad esplorare sé stessi in profondità, ad individuare quei nodi che generano sofferenza e a mostrare come modificarli.
Già Machiavelli a inizio Quattrocento, riprendendo una citazione ancora più antica di Appio Claudio Cieco del II secolo A.C., afferma che “Homo faber fortunae suae”: l’uomo è artefice del proprio destino, responsabile di sé stesso, delle sue decisioni e azioni.
- “Nessuno può capire il mio dolore”; “Se non lo provi non lo puoi capire”
Non è necessario aver attraversato una determinata situazione per capire come la persona si sia sentita. Prima di tutto, se anche l’altro avesse vissuto la stessa esperienza, non è detto che l’avrebbe sentita, percepita e vissuta allo stesso modo; è risaputo, infatti, che la stessa situazione può essere vissuta in molteplici modi differenti. Ad esempio, un divorzio può essere vissuto come un evento traumatico, un fallimento e una fonte di dolore ingestibile, mentre, al contrario, per un’altra persona può rappresentare un atteso nuovo inizio, un cambiamento dopo un periodo di vita dalla qualità difficilmente tollerabile, un punto di partenza desiderato.
Considerando invece il caso in cui lo psicologo non abbia vissuto la stessa esperienza del paziente, egli è in grado di entrare in sintonia con lui, grazie all’ascolto e alla comprensione del punto di vista dell’altro, dei suoi vissuti e delle sue emozioni, attraverso uno strumento fondamentale, l’empatia. Gli psicologi, infatti, coltivano professionalmente questa importantissima capacità, che permette di comprendere lo stato emotivo dell’altro, di “mettersi nei suoi panni” dal punto di vista sia cognitivo che emotivo.
Sei curioso di conoscere gli altri 5 pregiudizi più comuni? A breve sarà online la seconda parte.
(Ringrazio l’Ordine degli Psicologi della Lombardia per le cartoline)